La Storia di Davide e la sua incurabile Leucodistrofia
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by
Ela Italia
Una Storia di Amore, Forza e Prospettive:
Ci sono storie che meritano di essere raccontate non per la loro drammaticità, ma per la luce che riescono a portare anche nei momenti più bui. La storia di Davide e della sua famiglia è una di queste.
Quando una diagnosi di leucodistrofia entra nella vita di una famiglia, tutto cambia: le certezze crollano, i progetti vengono riscritti, la quotidianità si trasforma.
Viviana, Mario e Amanda hanno scelto di condividere con noi il loro percorso accanto a Davide, non per suscitare pietà, ma per testimoniare che dietro ogni persona con disabilità c’è una vita piena, ricca di emozioni, sorrisi e sguardi che dicono più di mille parole.
Attraverso questa intervista, vogliamo dare voce a chi vive ogni giorno con le leucodistrofie, per abbattere i pregiudizi, per mostrare che la felicità può esistere anche nelle condizioni più difficili, e soprattutto per far sentire meno sole le famiglie che affrontano sfide simili.
Questa è la storia di Davide, ma è anche la storia di molte famiglie che, con coraggio e dignità, trovano anche nel buio, una ragione per sorridere.
Quando Viviana e Mario si sposarono, giovanissimi – lei 23 anni, lui 24 – sognavano di costruire una famiglia allegra. Il loro sogno si realizzò con la nascita di Amanda, una bambina vivace e paffutella, e due anni dopo con l’arrivo di Davide, un bimbo buonissimo di quasi 4 kg con guance paffute.
Il Percorso verso la Diagnosi
A 8 mesi, durante una visita di routine, la pediatra notò qualcosa di insolito: gli occhi di Davide “ballavano”. Inizialmente si pensò allo Spasmus Nutans, una condizione benigna, ma le tappe motorie di Davide continuavano a essere in ritardo. Riusciva a comunicare perfettamente e riconosceva i colori, ma non acquisiva la deambulazione autonoma.
La svolta arrivò quando Davide aveva quasi 2 anni. Viviana e Mario videro in televisione il Professor Marcello Pierro intervistare una famiglia con un bambino che si muoveva come Davide. Decisero di portarlo da lui. La visita fu un momento drammatico: il professore diagnosticò una malattia rarissima e grave, una “leucodistrofia”, descrivendola metaforicamente come “un motore di Ferrari montato dentro una 500” – il cervello era integro, ma il corpo non rispondeva.
La leucodistrofia è una malattia demielinizzante che distrugge la mielina e impedisce la trasmissione degli impulsi nervosi dal cervello al corpo. Non esistevano cure, medicine o interventi chirurgici, solo terapie di supporto.
Una Vita Riorganizzata
La diagnosi stravolse completamente la vita familiare. Dovettero cambiare casa – l’appartamento con 65 scalini era diventato impraticabile – cambiare macchina, organizzare ausili specializzati. La fisioterapia passò da due a cinque giorni a settimana. L’obiettivo non era più l’acquisizione di nuove capacità, ma il mantenimento di quelle esistenti.
La Gioia della Famiglia
Nonostante tutto, dai 2 ai 10 anni Davide è stato “la gioia della famiglia”. Era sempre sereno, sorridente, non si arrabbiava mai. Amava la scuola, la terapia, le sue terapiste. La comunicazione era il suo punto di forza: parlava lentamente e in modo scandito, ma riusciva a esprimere tutto. Le sue maestre notavano la sua capacità di cogliere l’ironia al volo, essendo il primo a ridere alle battute. Imparò a leggere e scrivere con una tastiera facilitata.
La famiglia si impegnava a realizzare ogni suo desiderio, anche i più complessi come portarlo in cima a una montagna, perché la sua presenza rendeva bella la quotidianità.
Il Momento Più Difficile
Il momento più devastante arrivò intorno agli 11 anni, quando Davide iniziò a perdere la capacità di parlare. La prima volta che Viviana non capì una sua parola fu come una “fucilata”. Intorno ai 13-14 anni, la malattia esplose in tutta la sua forza come uno “tsunami”: Davide perse completamente il controllo di gambe, braccia, collo, testa e bocca. Iniziò a soffrire dolori intensi. Negli ultimi anni, poteva comunicare solo con gli occhi, rispondendo “sì” o “no” con lo sguardo.
Amicizie e Identità
La malattia trasformò anche le relazioni sociali della famiglia. Molti amici si allontanarono, non per cattiveria ma per l’incapacità di affrontare una difficoltà così complessa. Ma arrivarono nuovi amici, “più modesti con un cuore più grande”, che videro un’opportunità nelle difficoltà.
Per Viviana, vivere in un piccolo paese significava essere identificata solo come “la mamma del ragazzo disabile”. Questo ruolo le stava stretto – voleva essere riconosciuta anche per i suoi interessi, il suo lavoro di maestra, il suo impegno civico. Per questo cercò di dare il suo contributo nella politica locale, per essere vista come una “mamma come le altre”.
Gli Insegnamenti di Davide
La sorella di Davide, Amanda, racconta che non le è mai pesato avere un fratello come lui. Per lei, Davide era semplicemente suo fratello, non una persona disabile – questo le era stato insegnato dai genitori, che le avevano fatto percepire la persona al di là della disabilità.
“Essere la sorella di Davide mi ha dato un punto di vista alternativo che porterò con me per sempre,” afferma Amanda. “Non riesco a guardare una persona con disabilità e pensare che sia triste, perché so che non è vero. Ho visto Davide essere felice per gran parte della sua vita.”
L’esperienza l’ha resa più matura dei suoi coetanei, più forte nel parlare della disabilità senza tacere, affermando con orgoglio la felicità che condividevano. Il dolore più grande è stato vederlo perdere quella felicità negli ultimi anni, ma Davide le ha insegnato a cambiare prospettiva e a cercare sempre il meglio.